Invented life: fare rete oltre il distanziamento sociale

Nell’ambito del progetto europeo “Invented life EU” abbiamo intervistato 100 persone rifugiate provenienti da Senegal, Gambia e Nigeria con l’obiettivo di raccogliere speranze, obiettivi e aspettative per il futuro.

Ognuna delle organizzazioni partner si è concentrata sulle tre nazionalità principali presenti nel proprio territorio. Nel caso di Popoli Insieme, stando alla nostra esperienza diretta, la maggior parte delle persone che abbiamo accolto e che sapevamo avere una rete in città provengono da Senegal, Gambia e Nigeria.

Le interviste si sarebbero dovute svolgere proprio nei primi mesi del 2020 che, come sappiamo, sono state duramente segnate dalla pandemia, dal lockdown e dal distanziamento sociale.

Vista la difficoltà del periodo, abbiamo dovuto chiedere una mano ai membri della Rete Astalli a Roma e a Trento” racconta Leyla Khalil, responsabile del progetto. Svolgere 100 interviste in presenza, e in così poco tempo, stava diventando davvero complicato per diversi motivi: la mobilità ridotta sul territorio (zone rosse, arancioni, gialle) e per le difficoltà ambientali. Alcune delle interviste, infatti, sono state svolte all’aria aperta anche in pieno inverno per contenere il rischio di contagio.

Malgrado le difficoltà, grazie al prezioso supporto dei colleghi di Roma e Trento, siamo riusciti a intervistare 100 rifugiati provenienti da Gambia, Nigeria e Senegal e a raccogliere le loro risposte ad un questionario il cui obiettivo è stato quello di capire quali fossero le prospettive, anche occupazionali ma non solo, dei rifugiati presenti sul territorio.

L’obiettivo di tutti i partner era raggiungere un totale di 500 interviste che comprendessero tutte le nazionalità individuate nella fase iniziale. I risultati dei questionari sono stati analizzati e, a partire dalle risposte raccolte, è stato sviluppato un nuovo questionario che è stato sottoposto a 50 persone del campione originario. L’obiettivo? Sviluppare uno strumento in grado di orientare le persone migranti/rifugiate nella ricerca di un lavoro. Alcune delle interviste semi-strutturate, svolte dopo la prima fase, sono state filmate e saranno raccolte in un video-documentario dal titolo “I dream, I desire”, proprio a rappresentare il fatto che una persona migrante non smette di sognare e di immaginare un futuro migliore nel momento in cui arriva nel Paese che la accoglie e in cui comincia un nuovo capitolo della sua vita.

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