Una fotografia della complessa e preoccupante situazione attuale, raccontata dal punto di vista giuridico, ambientale e umanitario. Ma anche tante storie di impegno, coinvolgimento e attivismo, che ci indicano la strada da intraprendere per affrontare le sfide del fururo. Questo è quanto è emerso dall’incontro conlusivo del progetto europeo Change Environment che si è tenuto il 25 maggio scorso.
Sabato 25 maggio si è tenuto a Padova presso il Centro Antonianum l’evento ‘Rotte del cambiamento – Cambiamento climatico e migrazioni forzate’, un incontro per riflettere e interrogarsi insieme sull’interconnessione tra uomo e ambiente e in particolare tra cambiamento del clima e flussi migratori.
L’evento è stato il momento conclusivo del progetto ‘Change environment‘ promosso dal Jesuit Refugee Service Europe – JRS, di cui Popoli Insieme è stato partner per l’Italia.
La Tavola Rotonda
Durante la Tavola Rotonda della prima parte della mattinata, moderata da Massimo De Marchi del Centro di Eccellenza sulla Giustizia Climatica dell’Università degli Studi di Padova, è affiorata un’interessante, quanto preoccupante, fotografia della situazione attuale, raccontata dal punto di vista giuridico, ambientale e umanitario.
Non solo è emersa l’interconnessione profonda tra disastri climatici e tensione politica, ma anche una generale scarsa consapevolezza su questa relazione.
Una mancanza di consapevolezza che parte proprio dall’ambito normativo, se consideriamo che, come sottolineato durante il suo intervento dall’avvocata Veronica Dini, consulente legale in materia di diritto ambientale, manca un concetto giuridico di cambiamento climatico, una definizione con cui riferirsi ad esso in sede legale.
Anche le persone migranti stesse sembrano essere poco consapevoli del peso che i problemi ambientali hanno sulle difficoltà sociali, economiche e di impiego che li spingono ad allontanarsi dal proprio paese. Camilla Dannoura, referente locale del progetto “Le rotte del clima”, ha infatti riportato che più del 50% dei migranti intervistati non riconoscono i danni ambientali come causa della propria migrazione.
Eppure, i conflitti non nascono solo da problemi politici, ma anche la lotta per le risorse provoca tensioni che possono sfociare in conflitti: più volte nel corso della giornata è emerso che se confrontiamo la mappa mondiale degli hotspot politici con quella degli hotspot climatici, ci accorgiamo che sono per buona parte sovrapponibili.
L’intervento di Carlo Zanetti, dottorando in Diritti Umani all’Università di Padova, ma anche esperto di Sistemi Informativi Geografici, si è concentrato su quanto, anche a livello locale nella città di Padova, l’aumento della temperatura media annuale sia un dato incontrovertibile e che può essere solo mitigato attraverso interventi strutturali, ma non fermato né tantomeno invertito. Zanetti ha insistito sulla necessità di interventi urbani, che riguardano indistintamente grandi metropoli o piccole città come la nostra, possano influire sull’impatto di questo aumento e come gli effetti negativi si ripercuotano maggiormente sulle fasce di popolazione più disagiate.
Al momento, però, mancano delle adeguate politiche di mitigazione dei danni ambientali, le istituzioni non riescono o non vogliono affrontare attivamente la questione, e invece è quanto mai centrale il ruolo delle “buone istituzioni” su cui poter contare.
Infine Claudia Campos, assistente sociale con esperienza nell’ambito di interventi umanitari, ha raccontato la drammatica situazione dei migranti e in particolare delle migranti siriane in Libano, concludendo però con una nota di speranza: il racconto dell’esperienza di un’impresa sociale di catering tutta al femminile, nata nel campo profughi di Beirut.
Il progetto ‘Change Environment’
Nella seconda parte della mattinata i protagonisti del progetto Change Environment, coordinati da Elisa Gamba, dottoranda del Centro Diritti Umani dell’Università di Padova, ci hanno fatto entrare nel vivo del progetto con le loro testimonianze.
Giovanna Corbo, referente delle attività nelle scuole per Popoli Insieme ha sottolineato come l’obiettivo del progetto fosse quello di promuovere il pensiero critico nei ragazzi e nelle ragazze in età scolare: i giovani sono particolarmente suscettibili alla propaganda, ed è proprio in questi anni che possono invece acquisire gli strumenti che permettano loro di pensare in modo autonomo e libero dal pregiudizio. Questo è il momento più proficuo per far conoscere loro l’esperienza di persone di diversa provenienza, e può così nascere anche la voglia di impegnarsi concretamente su alcuni temi.
In rappresentanza di una delle scuole coinvolte nel progetto, l’Istituto di Istruzione Secondaria di secondo grado J. F. Kennedy di Monselice (PD), sono intervenuti la professoressa Lara Bertipaglia, referente di plesso per il Benessere, l’Ambiente e la Salute, e uno degli alunni coinvolti nel progetto, Matteo Busatto.
La professoressa Bertipaglia ha riportato un dato interessante: l’Ist. Kennedy è passato in pochi anni da un iniziale coinvolgimento in questo tipo di progetti di 2 o 3 classi, ad averne ben 13 impegnate in questo anno scolastico. La scuola ha persino indetto un concorso interno e ha ‘messo in palio’ la partecipazione a un viaggio studio a Bruxelles, sempre nell’ambito del progetto europeo Change Environment. Si sono distinti in particolare tre studenti, tra cui Matteo, che ha raccontato come si è svolto il progetto nella sua classe e come a livello personale si è sentito coinvolto.
Gli appuntamenti con gli studenti e le studentesse prevedono di norma l’incontro con un testimone che abbia vissuto l’esperienza della migrazione. A portare la sua esperienza durante l’incontro è stato Mahamadou Boiguile, arrivato nel 2014 dal Mali, che ci ha raccontato sia dei problemi ambientali del suo paese, che hanno spinto tante persona a cercare una nuova vita altrove, sia dell’interesse riscontrato da parte dei ragazzi e delle ragazze nei confronti della sua storia, dimostrato da decine di domande che gli vengono poste in ogni incontro a cui è chiamato a parlare.
E’ intervenuta infine anche Chiara Camporese, attivista ambientale che ha riflettuto su cosa significhi per un giovane o una giovane impegnarsi a livello non solo personale ma anche collettivo sui temi ambientali, un modo per trasformare la propria paura e frustrazione personale in una spinta all’attivarsi per il cambiamento sociale.
L’illustrazione di Alterales
Durante la mattinata abbiamo avuto il piacere di avere con noi anche Alessia Iotti, alias Alterales, illustratrice e attivista ambientale per il movimento ‘Fridays for future’. Alessia ha disegnato live tutta la mattina facendosi ispirare dagli interventi dei relatori. E’ nata così una tavola illustrata in cui l’artista ha cercato di tirare le fila in forma grafica di una giornata intensa, ricca di spunti e di tante informazioni, con l’obiettivo di fotografare una situazione tutt’altro che semplice.
Cosa ci siamo portati a casa da questo evento?
Tirando le somme della giornata possiamo dire di esserci portati a casa da questo evento una buona quota consapevolezza su quanto i disastri ambientali causati dai cambiamenti climatici pesino sulla scelta individuale e collettiva di lasciare il proprio paese, e di quanto provochino tensioni politiche o acuiscano quelle già presenti.
Ancora, tanta consapevolezza del fatto che questa relazione non sia ancora adeguatamente riconosciuta, né dalle singole persone, né dalla politica e dalle istituzioni, che danno risposte ancora insufficienti se commisurate all’entità del problema.
Ci portiamo però a casa anche la fiducia che le cose possano cambiare. Sono proprio le testimonianze del progetto Change Environment a darci speranza: storie di impegno, coinvolgimento e attivismo in cui le nuove generazioni stanno costruendo la loro risposta a queste sfide.
I partner del progetto
I nostri ringraziamenti più sentiti vanno ai tanti partner dell’evento che con la preparazione e la ricerca dei relatori hanno reso la giornata un momento di approfondimento davvero arricchente:
Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale dell’Università di Padova | Centro d’Ateneo per i Diritti Umani “A. Papisca” dell’Università di Padova | Corso di Laurea Magistrale CCD-STeDe | Master di II livello in GIScience e SPR | Centre of Excellence on Climate Justice.
Le associazioni: Associazione GIShub ODV | Associazione Systasis – Centro Studi per la prevenzione e la gestione dei conflitti ambientali | Associazione Avvocato di Strada ODV | Associazione La strada gius
Dal 2018 Popoli Insieme ODV ha avviato un’attività di progettazione sociale per garantire sostenibilità alle azioni messe in campo, per potenziare le azioni a favore di rifugiati e richiedenti protezione internazionale, per rafforzare il lavoro di sensibilizzazione e la promozione di azioni sul territorio. Nel corso degli anni sono numerosi i progetti che l’Associazione ha realizzato e che hanno permesso anche una maggiore strutturazione delle aree di lavoro. In tutte le progettualità è centrale il ruolo delle persone beneficiarie e il coinvolgimento di volontari/e. Di seguito vengono riportati i principali progetti in corso e i più recenti progetti conclusi.